Friday, December 30, 2011

Sesta missiva

Giuseppe Elia
Preside della Facoltà di
Scienze della formazione
Università di Bari

Sette punti in agenda per la Scuola del XXI secolo

Il primo. Le nuove tecnologie, in ogni ordine e grado di Scuola, trasversali a tutti i Campi di esperienza, a tutti gli ambiti disciplinari, a tutte le discipline. La competenza digitale non è una disciplina a sé stante, ma dovrebbe essere assunta nei curricula come competenza-meta, di cui tutti i docenti diventino corresponsabili. Si tratta di una competenza indispensabile perché riorganizza concettualmente la conoscenza scolastica formale e i modi dell’apprendere, modi che i giovani esperiscono già negli apprendimenti informali. Investire nei nuovi media per la Scuola significa superare un gap che ogni allievo “nativo digitale” percepisce nettamente non appena mette piede in una Scuola, qualunque essa sia, dall’Infanzia all’Università.

Il secondo. Centralità alla Lingua Inglese. Ancora in Italia la competenza di un inglese fluent resta un’utopia. Le famiglie più abbienti lo sanno e, purtroppo, investono migliaia di euro in formazione alla L2 nelle Scuole private che garantiscono le certificazioni. Non è pensabile che nel 2012 la Scuola Italiana non riesca ancora a garantire apprendimenti certificati diffusi in Lingua Inglese a tutti gli allievi attraverso metodologie che prevedano i CLIL, i soggiorni all’estero, l’obbligo della certificazione internazionale per tutti gli allievi. Un paese i cui giovani cittadini non conoscano tutti la Lingua inglese a un livello fluent è destinato alla marginalizzazione.

Il terzo. Sostegno ai percorsi Its regionali destinati a formare i “supertecnici”. Efficienza energetica; mobilità sostenibile negli ambiti della logistica, del trasporto aereo, marittimo e ferroviario, moda, alimentare, casa e servizi alle imprese, turismo, beni culturali. Si tratta delle aree di investimento più importanti per puntare allo sviluppo del nostro Paese che vanta eccellenze a macchia di leopardo e che ha ancora un problema grave dal punto di vista della progettualità formativa: non riconosce abbastanza le proprie risorse. Investire nei supertecnici significa puntare allo sviluppo diffuso. Anche il piano di reclutamento del personale docente Its dovrebbe puntare alla selezione di docenti altamente qualificati e a personale da assumere dalle imprese per rafforzare la sinergia tra i giovani diplomati e il loro ingresso nel lavoro. Promuovere la formazione tecnica ultra specialistica equivale poi a superare la storica arretratezza culturale, prima ancora che educativa del nostro Paese che separa e contrappone ancora cultura della teoria e cultura del lavoro, formazione liceale e formazione professionale. E’ questa separazione e contrapposizione che non ha riscontro in nessuno dei Paesi a noi vicini per storia e caratteristiche culturali, a determinare la dispersione scolastica di cui ancora il nostro sistema di istruzione soffre.

Il quarto. Dare centralità all’insegnante. La centralità dell’insegnante nel sistema di istruzione non è in contraddizione con il rilievo assegnato da sempre all’apprendimento dello studente. Al contrario, un docente autorevole dal punto di vista culturale è la migliore garanzia per l’apprendimento. Un insegnante colto e appassionato del suo “mestiere” è anche la “migliore” garanzia per il futuro del Paese. Questo significa pensare nuove forme di selezione del personale insegnante (la riabilitazione del vecchio concorso con un sistema di pre-selezione attraverso colloquio potrebbe essere una possibilità poiché le ex SISS non hanno risolto il problema, fondamentale, delle valutazioni in ingresso del personale docente e i TFA non sono ancora stati avviati); studiare sistemi di premialità degli insegnanti eccellenti; verificare l’autentica vocazione all’insegnamento PRIMA dell’ingresso nelle Scuole, studiare i modi per rendere le Scuole davvero autonome, anche sul piano della ricerca che è poi il piano dello sviluppo dell’Istituto.

Il quinto. La formazione in servizio di docenti e dirigenti. Che cosa ne è stato dei docenti e dei dirigenti in servizio in Italia in questi anni? Sono rimasti imprigionati nella morsa di un burocratismo il più delle volte dispendioso e senza direzione. La stessa autonomia ha dato alle Scuole margini di iniziativa spesso illusori. Sostegno alla formazione in servizio, applicazione di modelli di Formazione & Ricerca, partnership Scuole-Università sono le vie per valorizzare la dignità intellettuale del compito docente e dirigente oggi considerati semi-professioni. Se la qualificazione dell’insegnamento come professione intellettuale (e degli insegnanti come lavoratori della conoscenza, knowledge workers) e dei dirigenti come manager dell’organizzazione è fuori discussione, occorre pensare queste competenze entro un sistema di relazioni organizzative scolastiche nuove, che facciano spazio all’autoformazione docente e allo sviluppo professionale.
Oggi questo spazio manca e le Scuole non sono “organizzazioni che apprendono” ma che replicano, al più, un sapere inerte.

Il sesto. Colmare il gap fra insegnanti e allievi di altra cultura o con difficoltà. Sei anni fa gli alunni stranieri nella Scuola italiana erano 85 mila (1% del totale alunni), oggi sono oltre il 6%, nel 2012 supereranno il milione, più di un terzo dei quali di religione musulmana. E poi c’è il gap con gli allievi più fragili e distanti. Con alcuni di loro lo scarto è talmente ampio che il rischio è di non riuscire a colmarlo mai. Sono i ragazzi che la Scuola perde ogni anno per “dispersione”. Bambini che respirano il disagio esistenziale dalla culla, oppure che si formano a un sistema di “regole” sociali che per la legge dello Stato ha un nome: devianza, trasgressione, disadattamento. E’ uno stile di vita che fanno proprio a causa di svantaggi educativo-culturali legati ai contesti di nascita, e che quando approdano nelle aule di una Scuola, a volte è già tardi. Sono gli allievi a rischio, i ragazzi difficili del S. Paolo, di Scampia, dello Zen, di Quarto Oggiaro, quelli che la Scuola perde per l’incapacità didattica di riuscire a trattenerli nel circuito dell’obbligo o anche solo delle qualifiche professionali. Anche questi sono allievi da integrare. Sono gli italiani oggi ai margini del Paese , domani ultimi in Europa. Se la Scuola di oggi ha necessità di ritrovare un senso, lo dovrà trovare soprattutto in ragione della loro educazione o ri-educazione. Anche perché è da questa che passa il recupero del gap più grande e irrisolto: quello fra Nord e Sud del nostro Paese.

Il settimo. Rendere le Scuole belle e sicure. Il sistema di istruzione del nostro Paese soffre anche perché gli ambienti in cui si fa Scuola sono spesso brutti, inospitali, ricavati da immobili non progettati come Scuole, con una manutenzione mal assicurata. Fare scuola in ambienti belli e sicuri è anche il modo per dimostrare agli allievi e alle loro famiglie che la Scuola è fondamentale, che è un ambiente di benessere dove il vero, il bene e il bello possono coincidere rispondendo a quel bisogno di ordine e bellezza innato in ogni bambino e bambina.